
Figli adolescenti: ascolto empatico e dialogo.
Osservo le miei nipoti: 14 e 16 anni.
La mamma parla, suggerisce, consiglia e rimprovera e loro non sollevano gli occhi dal cellulare, fanno solo qualche cenno con la testa. Abbracciano poco, baciano meno. Sono sempre sulla difensiva.
Mia sorella mi guarda e dice : “passerà, del resto anche noi eravamo così”.
Le mie amiche, madri di adolescenti, mi chiedono aiuto: “Parlaci tu! A te ascoltano!”
Funziona qualche volta, magari hanno fiducia in me e si aprono, ma è temporaneo e non risolve il dialogo in casa, che si fa sempre più conflittuale.
In realtà il problema non è in loro.
Nella maggior parte delle situazioni non esiste alcun problema. Si tratta di una comunicazione inefficace.
Ogni atto comunicativo trasmette un’informazione che genera e attiva un comportamento. Se il comportamento dei nostri figli ci pare distratto o conflittuale, con ogni probabilità la nostra comunicazione non è stata gradita o compresa.
Non basta un breve articolo per dirimere la questione, neanche per affrontarla marginalmente, ma proviamo a valutare un esempio che può diventare anche un punto cardine di partenza: quante volte un genitore ripete
“devi fare, devi studiare, devi andare, devi impegnarti”?
Il “devo” presuppone una motivazione estrinseca, che sta fuori di noi, che è indotta, imposta. E proprio così la interpreta un figlio.
In un momento in cui i ragazzi stanno “facendosi i muscoli” per affrontare la vita, qualcuno arriva e gli impone scelte, strade, soluzioni. E allora iniziano i “tu non mi capisci!” o il silenzio e l’indifferenza. Loro vogliono superarci, fare meglio, fare diversamente da noi.
Facciamocene una ragione, agli occhi dei nostri figli adolescenti siamo dei vecchi con soluzioni antiquate e proposte noiose. Loro pensano di provare sensazioni, sentimenti ed emozioni che noi di certo non abbiamo mai provato. Se sapessero!!
Ma come possiamo non preoccuparci troppo e affrontare questo momento consigliandoli al meglio e non imponendo loro le nostre ricette di buona condotta?
Innanzitutto non dimentichiamo che loro, volente o nolente, assorbono il nostro esempio, vivono i nostri rapporti e l’ambiente, vivono la nostra situazione emotiva, le nostre crisi, il nostro umore. Il nostro modo di porci nei loro confronti condiziona le loro risposte e il loro modo di relazionarsi col mondo. Già questo dovrebbe far tremare le gambe ad ogni genitore.
Cominciamo allora con il sostituire la parola “devi”.
Per fare un esempio: sostituiamo il “devi studiare latino e matematica” con “Che cosa preferisci studiare prima? il latino o la matematica?”
Lasciamo che sentano di prendersi la responsabilità di decidere. Trasformiamo le imposizioni in proposte.
Impariamo ad argomentare i “no”, dando le motivazioni specifiche. Un “no, non lo farai perché ti stai comportando male” non vuole dire nulla. Impariamo ad essere concreti e pertinenti “no, non lo puoi fare, perché questo comportamento ha causato questa situazione”.
Cambiamo il nostro modo di esprimerci, parliamo con loro come dei piccoli adulti. E soprattutto ascoltiamo cosa vogliono dirci, senza contestare le loro motivazioni, i loro desideri, il loro linguaggio. Mettiamoci nei loro panni. Spolveriamo il ricordo di come eravamo alla loro età. Diamo fiducia per ottenerla.
Non è un processo immediato. Ci vuole pazienza, lungimiranza, serenità.